Amidah

Il Siddur del Baal Shem Tov (1698–1760), aperto sulle pagine dell'Amidah

L‘Amidah, plur. Amidot (in ebraico תפילת העמידה?, Tefilat HaAmidah "Preghiera in piedi" o "Preghiera in posizione eretta"), è una preghiera pluriquotidiana della religione ebraica. Detta anche Shemonè esrè (שמנה עשרה, Shmoneh Esreh "Le Diciotto", con riferimento al numero originale di benedizioni costitutive), dal numero delle benedizioni che venivano recitate nel corso della preghiera in tempi antichi, numero aumentato in seguito a diciannove.[1]

Preghiera centrale della liturgia ebraica, ha composizione variabile: le diciannove benedizioni sono presenti nella forma recitata nei giorni della settimana; nel sabato e nelle festività viene usata una forma diversa dipendente dalla natura delle festività. L'Amidah è una preghiera che si trova nel Siddur tradizionale, libro di preghiere ebraico, ed è designata semplicemente come tefillah (תפילה, "preghiera") nella letteratura rabbinica.[2]

Gli ebrei osservanti recitano l'Amidah durante ciascuno dei tre servizi di preghiera in un normale giorno settimanale: mattino, pomeriggio e sera. Un'Amidah speciale abbreviata è anche il centro del servizio Mussaf ("Addizionale") che si recita durante lo Shabbat (il sabato ebraico), Rosh Chodesh (il nuovo mese o giorno della luna nuova) e nelle festività ebraiche, dopo la lettura mattutina della Torah, con varie forme di Amidah che dipendono dall'occasione. L'Amidah quotidiana tipica consiste di diciannove benedizioni, sebbene originariamente fossero state diciotto; quando l'Amidah viene modificata per preghiere specifiche o occasioni, le prime tre benedizioni e le ultime tre rimangono costanti, inquadrando l'Amidah usata in ogni servizio, mentre le tredici mediane sono sostituite da benedizioni specifiche dell'occasione.[2]

Il linguaggio dell'Amidah quasi certamente risale al periodo mishnahico, sia prima che dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 e.v.) quando era considerato inutile prescrivere il suo testo e contenuto.[3] Il Talmud indica che, quando Rabbi Gamaliel II si incaricò di stabilire definitivamente il servizio liturgico pubblico e organizzare le devozioni private, ordinò al Tanna Samuel ha-Katan di scrivere un altro paragrafo, rimproverando informatori ed eretici, che fu inserito come dodicesima preghiera nella sequenza moderna, portando a diciannove il numero di benedizioni.[4] Altre fonti, anche nel Talmud, indicano però che questa preghiera faceva parte delle 18 originali;[5] e che le 19 preghiere si consolidarono quando la 15ª per la restaurazione di Gerusalemme e del trono di Davide (venuta del Messia) fu divisa in due.[6]

La preghiera viene recitata stando in piedi in maniera fermamente eretta e preferibilmente rivolti verso Gerusalemme. Nel culto pubblico ortodosso, Shemoneh Esrei è prima detta silenziosamente dalla congregazione e poi ripetuta ad alta voce dallo chazzan (lettore); lo scopo originale della ripetizione era quello di dare la possibilità ai membri analfabeti della congregazione di partecipare nella preghiera collettiva rispondendo "Amen." Le congregazioni dell'Ebraismo conservatore e dell'Ebraismo riformato a volte abbreviano la recitazione pubblica dell'Amidah secondo le rispettive tradizioni. Le regole dell'Halakhah che ordinano la composizione e recitazione dell'Amidah vengono discusse principalmente nel Talmud, nei capitoli 4–5 del Berakhot; nella Mishneh Torah di Maimonide, nei capitoli 4–5 di Hilkhot Tefilah; nello Shulchan Aruch, alle Leggi 89–127.

  1. ^ In Meghillah 17b del Talmud viene riportato che 120 Anziani le composero e tra essi vi furono anche profeti.
  2. ^ a b Zev Leff, Shemoneh Esrei: The Depth and Beauty of Our Daily Prayer, Targum Press, Gerusalemme, 2008, passim.
  3. ^ Maimonide su Men. iv. 1b, citato in Elbogen, "Gesch. des Achtzehngebetes."
  4. ^ Ber. iv. 3; cfr. Heinrich Graetz, Gesch. 3ª ed., iv. 30 et seq.
  5. ^ Rabbi Hayim Halevy Donin, To Pray as a Jew, p. 92, che cita Yer. Berakhot 2:4 e Eliezer Levy, Yesodot Hatefilah.
  6. ^ Donin cit., pp. 95–96.