Avito | |
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Imperatore romano d'Occidente | |
Solido di Avito | |
Nome originale | Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus (Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito) |
Regno | 9 luglio 455 – 17/18 ottobre 456 |
Titoli | Vir inlustris, magister militum |
Nascita | 395 circa Augustonemetum |
Morte | 457 |
Predecessore | Petronio Massimo |
Successore | Maggioriano |
Figli | Agricola, Ecdicio, Papianilla |
Padre | Agricola |
Avito vescovo della Chiesa cattolica | |
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Incarichi ricoperti | Vescovo di Piacenza (456–457) |
Nato | 395 circa a Clermont-Ferrand |
Nominato vescovo | 18 ottobre 456 |
Deceduto | 457 |
Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito (in latino Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus; Augustonemetum, 395 circa – 457) è stato un imperatore e vescovo romano d'Occidente, regnante dal 455 al 456. Senatore, fu un ufficiale di alto rango, sia civile sia militare, nonché vescovo di Piacenza.
Aristocratico gallo-romano, Avito s'adoperò nel suo pur breve regno a frenare la regressione dell'Impero romano d'Occidente alla sola Penisola italica. Il suo rimpasto dell'organico amministrativo civile e militare romano a favore della nobiltà gallo-romana a lui vicina, però, gli inimicò pesantemente le élite italiche (specie quella senatoria), così come le ingenti spese di mantenimento delle numerose truppe straniere – perlopiù germaniche – al suo seguito gli causarono una forte impopolarità presso la cittadinanza dell'Urbe, ancora parecchio fiaccata dal sacco dei Vandali del 455.
Avito era in ottimi rapporti con i Visigoti di Teodorico II, del quale era amico personale, che infatti lo fiancheggiò, almeno inizialmente, nella sua ascesa al soglio, facendolo acclamare imperatore dalle sue stesse truppe e cui lo stesso Avito cercò d'approfittarne per assimilarli pienamente all'interno della società romana; tuttavia la prospettiva di una solida e profittevole alleanza tra Romani e Visigoti naufragò quando quest'ultimi occuparono – seppur nominalmente a titolo romano – l'Hispania insediata dai Suebi e quando poi si defilarono dinanzi all'insurrezione dei vertici militari italici, lasciando di fatto il nobile gallo-romano in balia dei suoi usurpatori.
Con la sua deposizione, dopo appena quindici mesi di regno, il destino di decadenza dell'Impero d'Occidente fu segnato.[1]