Flavio Belisario | |
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Presunto ritratto di Belisario alla destra dell'imperatore Giustiniano I in un mosaico della Basilica di San Vitale a Ravenna | |
Nascita | Illiria, 500 circa |
Morte | Costantinopoli, 13 marzo 565 |
Religione | Cristianesimo ortodosso |
Dati militari | |
Paese servito | Impero bizantino |
Forza armata | Esercito bizantino |
Corpo | Guardia palatina |
Specialità | Domestici |
Unità | Schola palatina |
Anni di servizio | 518-548 |
Grado | Magister militum per Orientem |
Comandanti | Giustiniano il Grande |
Guerre | Guerra iberica (526-532) Rivolta di Nika (532) Guerra vandalica (533-534) Guerra gotica (535-540 e 544-548) Campagna contro i Persiani (541-542) Campagna contro i Cutriguri (559) |
Battaglie | Battaglia di Dara (530) Battaglia di Callinicum (531) Battaglia di Ad Decimum (533) Battaglia di Ticameron (533) Primo assedio di Roma (537-538) Secondo assedio di Roma (546) |
Nemici storici | Sasanidi, Vandali, Ostrogoti e Bulgari |
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Flavio Belisario (in latino Flavius Belisarius, e in greco medievale Φλάβιος Βελισάριος; Illiria, 500 circa – Costantinopoli, 13 marzo 565) è stato un generale bizantino che servì sotto Giustiniano I (527-565), considerato uno dei più grandi condottieri della storia dell'Impero romano d'Oriente.[1]
Belisario intraprese la carriera militare giovanissimo, in qualità di soldato nel corpo di guardia dell'Imperatore Giustino I (518-527), per poi, scalando la struttura gerarchica dell'esercito bizantino, divenire magister militum (generale). Si distinse nella guerra iberica contro i Sasanidi, per poi salvare il trono dell'imperatore Giustiniano sedando con successo la rivolta di Nika (532). Successivamente, Giustiniano gli affidò il comando delle sue grandi guerre di conquista in occidente: la prima, la guerra vandalica, combattuta contro il regno africano dei Vandali (533-534), la seconda, la guerra gotica, svoltasi nel regno d'Italia sotto il dominio degli Ostrogoti (535-540). Le due campagne ebbero buon esito: Belisario riuscì non solo a sottomettere tutto il Nord Africa e gran parte dell'Italia, ma anche a condurre il re vandalo Gelimero e il re goto Vitige in catene ai piedi di Giustiniano. In seguito alla vittoria africana, Giustiniano gli concesse il trionfo e l'onore del consolato per l'anno 535. Richiamato a Costantinopoli, fu inviato in Oriente contro i Persiani.
Dopo due anni di guerra contro i Sasanidi, Belisario venne inviato per la seconda volta in Italia (544). A causa della scarsità di uomini e mezzi fornitigli da Giustiniano, non riuscì però a contrastare efficacemente il nuovo re dei Goti Totila, che era riuscito a riconquistare gran parte della penisola. Tornato a Costantinopoli nel 548, ricoprì negli anni successivi alcuni incarichi di tipo religioso venendo inviato presso il Papa per cercare di convincerlo ad accettare la politica religiosa dell'imperatore (Tre Capitoli). Nel 559 fu di nuovo utile all'Impero riuscendo, alla testa di un esercito formato per lo più da contadini, a scacciare un'orda di barbari che stava devastando la Tracia mettendo in grande pericolo Costantinopoli.
Nonostante il suo notevole contributo alla difesa dell'Impero, Belisario cadde più volte in disgrazia con l'imperatore: accusato di tradimento, venne però ogni volta riabilitato. Secondo una leggenda che prese vigore nel medioevo, Giustiniano avrebbe ordinato di accecarlo, riducendolo ad un mendicante, e lo avrebbe condannato a chiedere l'elemosina per le vie di Costantinopoli, oppure, secondo una variante, presso la Porta Pinciana di Roma. Sebbene la maggioranza degli storici moderni non dia credito alla leggenda, la storia della cecità divenne un soggetto popolare per i pittori del XVIII secolo. Divenne uso comune rievocare il nome di Belisario per ricordare (e condannare) l'ingratitudine mostrata da alcuni sovrani nei confronti dei loro servitori.[2]