Buco nero

La prima prova visiva diretta della presenza di un buco nero al centro della nostra Galassia, la Via Lattea. È stata catturata dall'Event Horizon Telescope (EHT), un array che collega otto radio osservatori esistenti in tutto il pianeta per formare un unico telescopio virtuale delle dimensioni della Terra. La foto è stata pubblicata il 12 maggio 2022
Una immagine che documenta l'orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio al centro della galassia Messier 87, proposta nel 2019 grazie a due anni di rilevamenti dei radiotelescopi dell'Event Horizon Telescope[1]. Nell'immagine si può osservare l'«ombra» del buco nero: la materia in caduta verso l'orizzonte, riscaldandosi, emette luce osservabile parzialmente grazie ai radiotelescopi, rendendo osservabile la zona "in ombra" costituita del buco nero.[2]
Buco nero al centro della galassia NGC 4261, distante 100 milioni di anni luce da noi, nella costellazione della Vergine. In base alla velocità di rotazione del disco che lo circonda, la sua massa è stimata a 1,2 miliardi di masse solari, pur occupando uno spazio non più grande del Sistema Solare.

In astrofisica, un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso (ovvero, una regione dello spaziotempo con una curvatura talmente alta) che dal suo interno non può uscire nulla, nemmeno la luce[3] essendo la velocità di fuga superiore a c.

Il buco nero è il risultato di implosioni di masse sufficientemente elevate. La gravità domina su qualsiasi altra forza, determinando un collasso gravitazionale che tende a concentrare lo spaziotempo in un punto[4] al centro della regione, dove è teorizzato uno stato della materia di curvatura tendente a infinito e volume tendente a zero chiamato singolarità, con caratteristiche sconosciute ed estranee alle leggi della relatività generale. Il limite del buco nero è definito orizzonte degli eventi, regione che ne delimita in modo peculiare i confini osservabili.

Per le suddette proprietà, il buco nero non è osservabile direttamente. La sua presenza si rivela solo indirettamente mediante i suoi effetti sullo spazio circostante: le interazioni gravitazionali con altri corpi celesti e le loro emissioni, le irradiazioni principalmente elettromagnetiche della materia catturata dal suo campo di forza.

Nel corso dei decenni successivi alla pubblicazione della relatività generale, base teorica della loro esistenza, vennero raccolte numerose osservazioni interpretabili, pur non sempre univocamente, come prove della presenza di buchi neri, specialmente in alcune galassie attive e sistemi stellari di binarie X.[5] L'esistenza di tali oggetti è oggi definitivamente dimostrata e via via ne vengono individuati di nuovi con massa molto variabile, da valori di circa 5 masse solari fino a miliardi.

Il termine "buco nero" fu coniato dal fisico John Archibald Wheeler, che lo utilizzò a partire dal 1967 in un suo discorso a seguito del suggerimento di uno spettatore mai identificato.[6]

  1. ^ Da rilevare che non si tratta di una vera e propria fotografia ma del risultato dell'elaborazione di enormi quantità di dati non completi e troppo pesanti per essere spediti via Internet. Gli hard disk hanno viaggiato in aereo verso i due centri di calcolo dove si trovano i supercomputer altamente specializzati: all’Haystack Observatory del Mit, nel Massachusetts, e l’altro al Max Planck Institut fur Radioastronomie, a Bonn. (in Il Post.it, 10 aprile 2019)
  2. ^ Ecco la foto del secolo, è la prima di un buco nero, su ansa.it, ANSA, 10 aprile 2019. URL consultato il 10 aprile 2019.
  3. ^ Wald Robert M. (1984). General Relativity. University of Chicago Press, pp. 299. ISBN 978-0-226-87033-5.
  4. ^ “Volume interno di un Buco Nero” Archivio Pubblicazioni Università Cornell
  5. ^ Si veda il saggio di Kip Thorne del 1994 "Buchi neri e salti temporali" e nello specifico il capitolo III: "La scoperta e il rifiuto dei buchi neri".
  6. ^ C. Impey, I Mostri di Einstein, (Codice Edizioni, 2021)