La campagna d'Italia del 1813-1814 fu la serie di operazioni militari combattute durante la guerra della sesta coalizione, principalmente in Italia settentrionale tra l'Impero francese e la Coalizione guidata da austriaci e britannici. Rappresentò l'ultima volta del cosiddetto "periodo francese", precisamente dalla campagna del 1796-1797, in cui un esercito francese e uno austriaco si fronteggiarono per il controllo della penisola. La guerra austro-napoletana del 1815 fu uno scontro essenzialmente tra soli italiani e austriaci.
Dopo la disastrosa campagna di Russia l'Esercito del Regno d'Italia era fortemente indebolito. Si distinse ancora una volta durante la campagna di Germania del 1813, ma quando il 12 agosto l'Impero austriaco entrò in guerra, fu in gran parte richiamato a sud per fronteggiare l'invasione della Coalizione. L'armata franco-italiana era comandata dal viceré d'Italia Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone Bonaparte, mentre l'esercito alleato, in questo teatro di operazioni, fu posto sotto il comando del feldmaresciallo austriaco Heinrich Johann Bellegarde e del generale britannico William Bentinck. Al fianco di austriaci e britannici vi erano di nuovo il Regno di Sicilia di Ferdinando IV di Borbone e il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele I di Savoia.
Inizialmente i franco-italiani riuscirono a rallentare l'avanzata della Coalizione nelle Province Illiriche, grazie soprattutto alla battaglia di Feistritz, ma già il 5 ottobre dovettero ripiegare verso la linea dell'Isonzo, confine orientale del Regno d'Italia, e alla metà del mese iniziò l'invasione del regno. La già sproporzione di forze fu aggravata dalla defezione del Regno di Baviera[1] di Massimiliano I Giuseppe prima e, soprattutto, del Regno di Napoli[2][3][4] di Gioacchino Murat dopo. Murat aveva scelto di cambiare schieramento non solo per mantenere il proprio dominio, ma anche per espanderlo, cercando in questo modo di realizzare il suo progetto di unificare gran parte dell'Italia sotto la sua persona.
Comunque le truppe di Beauharnais continuarono a combattere valorosamente nella Pianura Padana e ottennero vittorie tattiche contro gli austriaci nelle battaglie di Caldiero e del Mincio; tuttavia, la primavera del 1814 fu segnata dalle sconfitte nelle battaglie di San Maurizio e del Taro e dalla progressiva avanzata della Coalizione nel territorio italiano.
Nel frattempo Napoleone veniva sconfitto nella campagna nel nord-est della Francia e di conseguenza abdicò da Imperatore dei francesi e Re d'Italia ad aprile. Dal quel momento l'autorità napoleonica nella penisola cessò di fatto di esistere. Il 23 aprile Eugenio di Beauharnais fu costretto a firmare la Convenzione di Mantova, per poi auto-esiliarsi in Baviera. Entro la fine del mese le restanti guarnigioni italiane dovettero arrendersi.
La caduta del Regno d'Italia fu un evento traumatico per i patrioti e intellettuali italiani, tra cui Ugo Foscolo, Giovanni Berchet e Alessandro Manzoni, che videro infrangersi il sogno di un'Italia unita. Manzoni in particolare scrisse una canzone intitolata "Aprile 1814" in cui auspicava il mantenimento dell'indipendenza del regno, fatto che per volere del Congresso di Vienna non avvenne.[5][6] Il ricordo di uno stato libero e liberale italiano sotto Napoleone diede la spinta necessaria ai patrioti[Nota 3] durante il Risorgimento per continuare a lottare per l'unificazione.
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