Carlo I d'Inghilterra

Carlo I d'Inghilterra
Antoon van Dyck, Ritratto di Carlo I in abiti regali, 1636, Castello di Windsor
Re d'Inghilterra, di Scozia e d'Irlanda
Stemma
Stemma
In carica27 marzo 1625
30 gennaio 1649
(23 anni e 309 giorni)
Incoronazione2 febbraio 1626
PredecessoreGiacomo I
SuccessoreCarlo II (de iure)
Oliver Cromwell (Lord protettore; de facto)
TrattamentoMaestà
NascitaPalazzo di Dunfermline, Dunfermline, 19 novembre[1] 1600
MortePalazzo di Whitehall, Londra, 30 gennaio[2] 1649
SepolturaSaint George's Chapel, 7 febbraio 1649
Casa realeStuart
PadreGiacomo I Stuart
MadreAnna di Danimarca
ConsorteEnrichetta Maria di Francia
FigliCarlo II
Maria Enrichetta
Giacomo II
Elisabetta
Anna
Enrico
Enrichetta Anna
ReligioneAnglicano cattolicizzante[3]
Firma
San Carlo il martire
 

Re d'Inghilterra e Scozia, e martire

 
Nascita19 novembre 1600
Morte30 gennaio 1649 (48 anni)
Venerato daComunione Anglicana
Canonizzazione2 marzo 1998
Ricorrenza30 gennaio
Attributirappresentato come re d'Inghilterra, con la corona e la palma del martirio

Carlo I Stuart (Dunfermline, 19 novembre 1600Londra, 30 gennaio 1649[4]) è stato re d'Inghilterra, Scozia, Irlanda e Francia[5] dal 27 marzo 1625 fino alla sua morte, avvenuta per decapitazione il 30 gennaio 1649[6][7].

Fervente sostenitore del diritto divino dei re, proprio come il padre Giacomo I e la nonna paterna Maria Stuarda, nella prima fase del suo regno fu impegnato in una dura lotta di potere contro il Parlamento inglese, che si opponeva risolutamente alle sue aspirazioni assolutistiche volte a sopprimere l'utilizzo della Magna Carta, contrastando soprattutto la sua pretesa di riscuotere le tasse senza l'assenso parlamentare.

Altra causa di attrito con una parte della società inglese fu la sua politica religiosa: perseverando nel "sentiero intermedio" della Chiesa anglicana, fu ostile alle tendenze riformate di molti dei suoi sudditi inglesi e scozzesi e da questi accusato di essere a sua volta troppo vicino al cattolicesimo romano, al punto da volerlo restaurare. Sposò infatti la principessa cattolica Enrichetta Maria di Francia, ed ebbe come stretto collaboratore William Laud, nominato da lui stesso arcivescovo di Canterbury ed esponente della corrente anglicana più filocattolica.

Le tensioni politiche e religiose accumulate nel corso degli anni esplosero nella guerra civile inglese: contro di lui si scontrarono le forze del Parlamento, che si opponevano ai suoi tentativi di accrescere il suo potere in senso assolutistico, e i puritani, che erano ostili alle sue politiche religiose. La guerra si concluse con una disfatta per Carlo, che fu catturato, processato, condannato e giustiziato con l'accusa di alto tradimento. La monarchia venne abolita e venne fondata al suo posto una repubblica, che però, morto il principale leader della rivoluzione, Oliver Cromwell, entrò rapidamente in crisi, consentendo a Carlo II, figlio di Carlo I, di restaurare la monarchia.

Carlo I è stato il primo monarca della storia a venire condannato a morte da un tribunale, attraverso una regolare sentenza emessa in nome della legge[7]. Viene venerato come santo dalla Chiesa anglicana, che lo ricorda il 30 gennaio.

  1. ^ Secondo il calendario gregoriano è nato il 29 novembre
  2. ^ Secondo il calendario gregoriano è morto il 9 febbraio
  3. ^ Aveva tendenze rituali più a favore del cattolicesimo che del protestantesimo. Cfr. Carlo I Stuart, su santiebeati.it, 11 luglio 2011. URL consultato il 30 luglio 2018.
  4. ^ Le date indicate seguono il calendario giuliano, allora in uso in Gran Bretagna, ma senza tenere conto dell'anno legale vigente in Inghilterra e Irlanda che iniziava, ab incarnatione, il 25 marzo. Nel calendario gregoriano le date corrispondono al 29 novembre 1600 e al 9 febbraio 1649.
  5. ^ Il titolo di re di Francia era solamente nominale. Lo adottarono tutti i sovrani inglesi a partire da Edoardo III, che avviò la guerra dei cent'anni, fino al XIX secolo. (vedi Rivendicazioni inglesi sul trono di Francia).
  6. ^ o il 9 febbraio dello stesso anno, secondo il calendario gregoriano
  7. ^ a b Adriano Prosperi e Paolo Viola, Dalla Rivoluzione inglese alla Rivoluzione francese, Einaudi, Torino, 2000, ISBN 978-88-06-15509-4, p. 3.