Cheope | |
---|---|
Statuetta di Cheope. Museo Egizio del Cairo | |
Re dell'Alto e Basso Egitto | |
In carica | 2589 a.C. – 2566 a.C.[1][2] |
Predecessore | Snefru |
Successore | Djedefra |
Morte | 2566 a.C.[1][2] |
Sepoltura | Piramide di Cheope |
Luogo di sepoltura | Necropoli di Giza |
Dinastia | IV dinastia |
Padre | Snefru |
Madre | Hetepheres I |
Coniugi | Meritites I Henutsen |
Figli | Djedefra, Chefren, Nefertiabet, Djedefhor, Meritites II, Kauab, Hetepheres II, Meresankh II, Baefra, Minkhaf I, Khufukhaf I, Babaef I, Horbaef, Nefermaat II?, Khamerernebti I? |
Cheope, ellenizzazione (Χέοψ, Cheops) dell'originale Khufu; per intero: Khnum-Khufu (... – 2566 a.C.[1][2]), è stato un sovrano egizio della IV dinastia.
Regnò succedendo al possibile padre, Snefru. È comunemente ritenuto il committente della Grande Piramide di Giza, una delle Sette meraviglie del mondo, ma molti altri aspetti del suo regno sono scarsamente documentati[3][4].
Unico ritratto certo di Cheope è una sua statuetta in avorio alta soltanto 7,5 centimetri, scoperta fra le rovine di un tempio molto più tardo, ad Abido, nel 1903. Ogni altro rilievo o statua di Cheope è stato rinvenuto in condizioni frammentarie, mentre gli altri edifici da lui commissionati durante il suo regno, eccetto la Grande Piramide, sono perduti. Tutte le notizie su di lui provengono da iscrizioni della Necropoli di Giza e da fonti successive anche molto fantasiose: per esempio, Cheope è il protagonista del Papiro Westcar, risalente alla XIII dinastia egizia[3][4]. La maggior parte dei documenti che menzionano re Cheope furono redatti da storici egizi e greci intorno al 300 a.C. La memoria storica ha caratterizzato il faraone in modi contrastanti: mentre le sue opere furono oggetto di cure e attenzioni durante l'Antico e il Nuovo Regno, gli antichi storiografi Manetone, Diodoro Siculo ed Erodoto tramandarono un'immagine completamente negativa di Cheope. A causa di queste antiche fonti persiste una caratterizzazione critica e oscura del personaggio di Cheope, seppure in modo meno accentuato di un tempo[3][4].