Il cherema è l'unità più piccola in cui può essere scomposto un segno di una lingua dei segni.
Il termine [chereme] – coniato da William Stokoe – nacque dal ritrovamento di fondamentali analogie tra la lingua dei segni (visiva) e la lingua parlata (acustica/fonologica). Infatti, proprio come i fonemi sono unità minime prive di significato partecipanti alla formazione di parole del linguaggio articolato (ad es. in italiano /a/, /k/ e /s/ > /'kasa/, /'kassa/), allo stesso modo i cheremi, qualunque sia la lingua dei segni nazionale (lingua dei segni americana, lingua dei segni italiana [LIS] ecc.), si presentano come unità minime non dotate di significato, le quali – in quanto parametri formazionali – possono combinarsi fra loro per dar luogo ai segni del linguaggio segnico.
Secondo Stokoe, un segno può essere scomposto in riferimento a tre parametri (più uno: l'orientamento, introdotto dallo stesso linguista a cinque anni di distanza dalla concezione originaria):
Come premesso per inciso, Stokoe dà importanza anche all'orientamento del palmo della mano mentre si segna. Per la LIS, come per la lingua dei segni americana e la lingua dei segni britannica, l'espressione facciale contribuisce spesso in modo cruciale nella formazione di un segno.
Recentemente, la teoria di Stokoe è stata soppiantata dalle nuove ricerche effettuate nel campo della linguistica delle lingue dei segni. Oggi consideriamo, per l'appunto, otto parametri formazionali: il luogo, la configurazione, il movimento, l'orientamento; i restanti quattro includono le componenti non manuali: sguardo, espressione facciale, labializzazione / gesto labiale, busto.