Colera | |
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Immagine, al microscopio elettronico a scansione, di Vibrio cholerae, l'agente eziologico del colera vibrione | |
Specialità | infettivologia e medicina d'emergenza-urgenza |
Eziologia | Vibrio cholerae |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 001 |
OMIM | 166600 |
MeSH | D002771 |
MedlinePlus | 000303 |
eMedicine | 962643 |
Il colèra è una tossinfezione dell'intestino tenue da parte di alcuni ceppi del batterio gram-negativo, a forma di virgola, Vibrio cholerae o vibrione.[1] La condizione può presentarsi senza alcun sintomo, in forma lieve o grave.[2] Il sintomo classico è la diarrea profusa, spesso complicata con acidosi, ipokaliemia, crampi muscolari e vomito, che dura un paio di giorni.[2][3] La diarrea può essere così grave che può portare in poche ore ad una grave disidratazione e squilibrio elettrolitico.[3] Questo può comportare occhi infossati, pelle fredda, diminuita elasticità della cute e rughe delle mani e dei piedi.[4] La disidratazione può causare cianosi, un colore bluastro della pelle.[5] I sintomi iniziano da due ore a cinque giorni dopo l'esposizione.[2]
Il colera è causato da un certo numero di tipi di Vibrio cholerae e alcuni tipi sono in grado di causare una malattia più grave di altri. Questi batteri si sviluppano per lo più in acqua e cibo che è stato contaminato con feci umane contenenti batteri.[3] Anche i frutti di mare non sufficientemente cotti sono una fonte comune.[6] Gli esseri umani sono gli unici ad essere colpiti da questi agenti patogeni. Fattori di rischio per la malattia comprendono una scarsa igiene e un'insufficiente disponibilità di acqua potabile. Il colera può essere diagnosticato da un esame delle feci.[3] È disponibile anche un test rapido, ma non è così preciso.[7]
La prevenzione consiste nel predisporre servizi igienici adeguati e fornire accesso all'acqua potabile.[4] I vaccini contro il colera somministrati per via orale forniscono una protezione ragionevole per circa sei mesi e hanno il vantaggio di proteggere anche dall'infezione da Escherichia coli. Il trattamento primario consiste nella terapia di reidratazione orale, ovvero la sostituzione dei liquidi con soluzioni leggermente dolci e salate.[3] Le soluzioni a base di riso sono preferite.[3] La supplementazione di zinco è utile nei bambini.[8] Nei casi più gravi, può essere richiesta la somministrazione di fluidi per via endovenosa, come il Ringer lattato, mentre gli antibiotici possono fornire un beneficio. Il test per evidenziare quale tipo di antibiotico sia più efficace per fronteggiare l'infezione può aiutare nella scelta del trattamento ottimale.[2]
Il colera colpisce circa da 3 a 5 milioni di persone in tutto il mondo e nel 2010 aveva causato tra i 58.000 e i 130.000 decessi.[3][9] Anche se è attualmente classificato come una pandemia, nel mondo sviluppato è assai raro. I bambini sono i più soggetti a contrarre l'infezione.[3][10] Il colera si presenta sia come una epidemia circoscritta che come endemia cronica in alcune zone. Le aree che hanno un rischio permanente di malattia comprendono l'Africa e l'Asia sud-orientale. Nonostante il rischio di morte tra le persone infettate sia solitamente inferiore al 5%, tale valore può arrivare al 50% in alcuni gruppi che non hanno accesso alle cure.[3] Alcune descrizioni storiche del colera si trovano già a partire dal V secolo a.C. in alcuni scritti in sanscrito.[4] Lo studio della malattia da parte del medico inglese John Snow, svolto tra il 1849 e il 1854, ha portato a significativi progressi nel campo dell'epidemiologia.[4][11] Il batterio è stato identificato per la prima volta nel 1854 dall'anatomista italiano Filippo Pacini e studiato dettagliatamente nel 1884 dal medico tedesco Robert Koch. Il nome deriva dal greco choléra (cholé=bile) e indicava la malattia che scaricava con violenza gli umori del corpo e lo stato d'animo conseguente: la collera.