Il termine coscienza indica la capacità della mente[1] di essere presente in uno stato di veglia (contrapposto a incoscienza)[2] nel quale acquisire consapevolezza della realtà oggettiva e darle senso o significato, raggiungendo una "conosciuta unità" di tutto ciò che viene appreso e giudicato con l'intelletto.[3]
Il termine deriva dal latinoconscientia, a sua volta derivato di conscire, composto da cum e scire, cioè «sapere insieme»[4] indicando un sapere a cui si aggiunge la consapevolezza che la persona ha di sé e dei propri contenuti mentali[5]. In questo senso il termine "coscienza" viene genericamente assunto non come primo stadio di apprensione immediata di una realtà oggettiva, ma come sinonimo di "consapevolezza" nel suo riferimento "alla totalità delle esperienze vissute, ad un dato momento o per un certo periodo di tempo".[6]
^Con il termine, generico, "mente" si indica la totalità dei fatti psichici (Umberto Galimberti, in Dizionario di psicologia, Milano, Garzanti, 1999, p. 642; Riccardo Venturini, Coscienza e cambiamento, Assisi, Cittadella Ed., 1998, p. 307).