Cosimo de' Medici | |
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Pontormo, Ritratto di Cosimo il Vecchio, olio su tavola, 1519/1520 circa, Uffizi Note allo stemma araldico qui di seguito:[1][2] | |
Signore di Firenze (de facto) | |
In carica | 6 ottobre 1434 – 1º agosto 1464 |
Successore | Piero il Gottoso |
Gonfaloniere di Giustizia | |
In carica | |
Priore dell'Arte del Cambio | |
In carica | 1415 – 1415 |
Nome completo | Cosimo di Giovanni de' Medici, detto il Vecchio |
Altri titoli | Pater Patriae[3] |
Nascita | Firenze, 27 settembre 1389 |
Morte | Villa medicea di Careggi, 1º agosto 1464 (74 anni) |
Luogo di sepoltura | Cappelle medicee, Firenze |
Dinastia | Medici |
Padre | Giovanni di Bicci de' Medici |
Madre | Piccarda Bueri |
Consorte | Contessina de' Bardi |
Figli | Piero Giovanni Carlo (illegittimo) |
Religione | Cattolicesimo |
Cosimo di Giovanni de' Medici, detto il Vecchio o Pater Patriae (Firenze, 27 settembre 1389 – Careggi, 1º agosto 1464) è stato un politico e banchiere italiano, primo signore de facto di Firenze e primo uomo di Stato di rilievo della famiglia Medici. Pur non avendo mai ricoperto alcuna carica di rilievo nella città (che si mantenne sempre istituzionalmente una Repubblica), egli si poté considerare il massimo uomo di Firenze all'indomani della morte del padre Giovanni (dal quale raccolse l'eredità economica), e in particolare con il ritorno glorioso dall'esilio nel 1434.
Grazie alla sua politica moderata, egli riuscì a conservare il potere per oltre trent'anni fino alla morte, gestendo lo Stato in modo silenzioso attraverso suoi uomini di fiducia e permettendo, in questo modo, il consolidamento della sua famiglia al governo di Firenze. Abile diplomatico, riuscì a capovolgere le alleanze politiche italiane all'indomani della morte di Filippo Maria Visconti, facendo alleare Firenze con l'antica rivale Milano (guidata ora dall'amico Francesco Sforza) contro la Repubblica di Venezia, risolvendo le guerre decennali italiane con la stipulazione della Pace di Lodi del 1454.
Amante delle arti, Cosimo investì gran parte del suo enorme patrimonio privato (dovuto all'oculatissima gestione del Banco di famiglia) per abbellire e rendere gloriosa la sua città natale, chiamando artisti e costruendo edifici pubblici e religiosi. Appassionato della cultura umanistica, fondò l'Accademia neoplatonica e favorì l'indirizzo speculativo dell'umanesimo fiorentino del secondo Quattrocento. Per i suoi meriti civili, all'indomani della sua morte la Signoria lo proclamò Pater Patriae, cioè «Padre della Patria». La fama di Cosimo continuò a essere generalmente positiva nel corso dei secoli (eccetto Simondo Sismondi che vedeva in Cosimo il tiranno, soppressore delle antiche libertà repubblicane), in quanto la sua amministrazione della Repubblica gettò le basi per il periodo aureo che toccò il culmine sotto il governo del nipote, Lorenzo il Magnifico.