Il descort (termine occitano derivante dal latino discordia) è un genere poetico medievale affine al lai[1], ovvero un adattamento cortese, da parte dei trovatori, di musiche probabilmente di origine celtica.
Si tratta di una canzone che esprime un «disaccordo». La sua particolarità consiste nell'esprimere il dilemma amoroso interno del poeta mediante una forma «discordante»: ciò è enfatizzato da strutture metriche insolite e/o mutevoli, versi e strofe molto lunghi e rime irregolari; o anche, come nel caso della canso "Eras quam vey verdeyar" del trovatore provenzale Rambaldo di Vaqueiras, al polimorfismo strofico o metrico del descort viene ad aggiungersi un'ulteriore "discordanza", tramite l'impiego di ben cinque idiomi diversi, uno per ogni cobla[2] (provenzale, italiano, francese, guascone e galiziano-portoghese)[3], con infine la sesta e ultima strofa di 10[3] versi avente la stessa alternanza pluringuistica ogni due versi[1].
Il contenuto è quello tipico della canzone amorosa cortese. Il suo uso cominciò probabilmente tra i trovatori del nord della Francia per poi estendersi anche alla Francia del sud.
Il descort venne inventato da Garin d'Apchier allorché compose Quan foill'e flors reverdezis (di cui ci restano soltanto due versi riportati nella sua vida[4]), mentre Gautier de Dargies lo importa nel francese antico scrivendone tre.
Quan foill’e flors reverdezis
Et aug lo chan del rossignol.