Il dittatore (lat.: dictator) era una figura caratteristica dell'assetto della costituzione della Repubblica romana. Egli era nominato in casi eccezionali e posto al comando assoluto e illimitato di Roma (città antica) per un massimo di sei mesi.
Il nome di tale carica deriva dal fatto che il dittatore non veniva eletto dalle assemblee popolari, come tutti gli altri magistrati, ma veniva dictus, cioè nominato[1], da uno dei consoli, di concerto con l'altro console e con il Senato, seguendo un rituale che prevedeva la nomina di notte, in silenzio, in territorio romano[2].[3] Cicerone e Varrone, anzi, ricollegano l'etimologia del termine a questa particolare procedura di nomina[4][5].
Il dittatore, a differenza di tutti gli altri magistrati romani, non aveva alcun collega, e nominava come proprio subalterno il magister equitum ("comandante della cavalleria")[6]. È probabile che il dittatore derivasse dall'antico comandante della fanteria, il magister populi, e questo spiegherebbe l'antico divieto per lui di montare a cavallo[7].
Per tutta la breve durata della carica il dittatore aveva pieni poteri (plenissimum imperium[3]), limitati però dalla durata semestrale del suo mandato. Inoltre, il dittatore doveva agire nel solo ambito per cui era stato eletto, e non era soggetto al potere del senato e dei tribuni della plebe, inclusi il veto e l’appello al popolo[8][3].
Si ritiene comunemente che la dittatura fosse una magistratura straordinaria, ma tale convincimento si fonda sulla distinzione fra magistrature ordinarie e magistrature straordinarie che è estranea alle fonti e che riposa esclusivamente sull'autorità di Theodor Mommsen. Si dovrebbe anzi dubitare che la dittatura possa qualificarsi semplicemente come una magistratura, perché difetterebbe comunque di due delle caratteristiche essenziali delle magistrature dell'età repubblicana, e cioè della collegialità e della elettività, nonché della continuità.
«Cum consul oriens de nocte silentio diceret dictatorem»
«Alzandosi nel cuore della notte, il console nel silenzio nominava il dittatore»