L'egocentrismo è l'atteggiamento e comportamento del soggetto che pone se stesso e la propria problematica al centro di ogni esperienza, trascurando la presenza e gli interessi degli altri. La parola deriva dal termine greco ἐγώ (egò) che significa "Io"[1][2].
Una persona egocentrica non possiede la teoria della mente e non riesce a provare empatia con gli altri individui.
Jean Piaget (1896-1980) sosteneva che tutti i bambini piccoli fossero egocentrici, in quanto incapaci di differenziare il proprio punto di vista da quello altrui. Secondo Piaget il "linguaggio egocentrico", tipico dei bambini dai tre ai sei anni, accompagna le attività solitarie e i giochi simbolici e soddisfa un'intima necessità di espressione fine a sé stessa. L'egocentrismo nel linguaggio del bambino si può rilevare quando viene utilizzata insistentemente la parola "io" (egocentrismo verbale) o nel monologo collettivo (ogni bambino continua il suo discorso, incurante delle parole degli altri)[3][4].
Il bambino, sempre secondo la teoria di Piaget, inizierà a superare il proprio egocentrismo con l'inizio del periodo delle operazioni concrete (dai sette ai dodici anni). Da questo momento in poi, il bambino sarà in grado di porsi dal punto di vista altrui.
In filosofia Max Scheler all'inizio del Novecento reinterpretò la riduzione fenomenologica come messa fra parentesi dell'egocentrismo[5][6].