La fantascienza hard (dall'inglese hard science fiction), detta anche fantascienza tecnologica,[1] è una categoria della fantascienza caratterizzata dall'enfasi per il dettaglio scientifico o tecnico, o per l'accuratezza scientifica, o da entrambi.[2][3] Il termine fu usato per la prima volta sulla stampa nel 1957 da P. Schuyler Miller in una recensione di Isole nello spazio di John W. Campbell, Jr. sulla rivista Astounding Science Fiction.[4][5][6] Il termine complementare è fantascienza soft ("soft science fiction", coniato per analogia con "hard science fiction"[7]) apparso per la prima volta alla fine degli anni settanta come un modo per descrivere la narrativa fantascientifica nella quale la scienza non è preminente, o che viola le conoscenze scientifiche dell'epoca in cui fu scritta.
Il termine è stato coniato per analogia con la popolare distinzione tra "scienze dure" o "hard" (scienze naturali) e "scienze molli" o "soft" (scienze sociali). Nessuno dei due termini è parte di una tassonomia rigorosa: sono piuttosto modi approssimativi che recensori e commentatori hanno trovato utili per caratterizzare delle storie. La classificazione "fantascienza hard" rappresenta una posizione su una scala da "più morbida" a "più dura", non una classificazione binaria.
La fantascienza hard costituisce in gran parte una categoria letteraria, poiché solo raramente la complessità fisica e il dettaglio scientifico sono trasposti sullo schermo senza rimanere vittima delle licenze artistiche e di post-produzione. Una delle eccezioni più illustri è però il film 2001: Odissea nello spazio del 1968 di Stanley Kubrick (che omette comunque gran parte delle nozioni scientifiche e informatiche riportate nel romanzo scritto in parallelo da Arthur C. Clarke).