Il Flamine quirinale (in latino Flamen Quirinalis) era il sacerdote (flamine) dell'antica Roma preposto al culto di Quirino e celebrava i riti delle festività dei Quirinalia, dei Consualia estivi, dei Robigalia e dei Larentalia.
La partecipazione ai Consualia del 21 agosto è testimoniata da un passo di Tertulliano[1] nel quale il sacrificio sull'altare sotterraneo di Conso, nel Circo Massimo, viene celebrato dal flamine Quirinale e dalle Vestali. Secondo Kurt Latte tale testimonianza non sarebbe attendibile per tutta una serie di errori e confusioni che Tertulliano avrebbe fatto fra questa festività e le Opeconsiva del 25 agosto ma Georges Dumézil respinge questa obiezione come contraria alla logica[2].
La presenza del flamine Quirinale ai Robigalia è testimoniata da Ovidio[3]: edidit haec flamen verba, Quirine, tuus, "il tuo flamine, o Quirino, pronunciò queste parole", ma anche questa è contestata da Latte perché Ovidio sbaglia il nome della divinità (la chiama Robigo anziché Robigus) e la localizzazione della cerimonia (che pone lungo la via Nomentana, anziché al quinto miglio della via Claudia come sappiamo dai Fasti Prenestini); secondo Dumézil però questi sono solo aspetti secondari mentre l'essenziale non può essere stato alterato da Ovidio senza evitare di stravolgere tutto il brano[4].
La presenza del flamine Quirinale ai Larentalia è testimoniata da Gellio[5]:
«Ob id meritum a flamine Quirinali sacrificium ei publice fit ...»
«Per questo favore le era offerto un sacrificio dal flamine Quirinale ...»
Inoltre Plutarco[6] menziona il sacerdote di Ares, che secondo Dumézil potrebbe essere un'approssimazione per il dio Enyalios, nel quale i Greci identificavano il romano Quirino. Anche Macrobio[7] cita un flamine senza specificare a quale divinità appartenga. Secondo Dumézil, la menzione del flamine Quirinale ai riti di Larentalia non può essere un errore di Gellio perché il suo passo sui Larentalia è troppo dettagliato e preciso per non essere considerato attendibile[8].
Nel 189 a.C. il flamine Quirinale Quinto Fabio Pittore fu nominato pretore e gli fu assegnata la provincia di Sardegna, ma il pontefice massimo Publio Licinio gli impedì di raggiungere la provincia per non dover trascurare i suoi impegni religiosi, cosicché il flamine fu costretto a rinunciare all'incarico militare e a rimanere a Roma dove gli fu assegnata la pretura peregrina[9].