Flegetonte

«Seguita il terzo fiume, chiamato Flegetonte, il quale è interpretato “ardente”: volendo per questo ardore darne l’autore ad intendere che, poi che il peccatore è divenuto nella tristizia della sua perdizione, incontanente diviene nell’ardore della gravità de’ supplìci […]»

Il Flegetonte (in greco antico: Φλεγέθων?, Phlegéthōn) o Piriflegetonte (Πυριφλεγέθων, Pyriphlegéthōn) è uno dei fiumi (Potamoi) che scorrono nell'Ade, l'oltretomba nella mitologia greca. Il fiume infernale scorre attorno a Erebo che rappresenta la parte più tenebrosa dell'Ade e confluisce, assieme al Cocito, nell'Acheronte. Il suo nome significa "fiume del fuoco".

Il termine Piriflegetonte è quello più antico, presente nell'Odissea, ove viene menzionato da Circe quando impartisce a Ulisse le istruzioni per evocare Tiresia: egli deve compiere il rituale presso la roccia situata esattamente alla confluenza del Cocito e del Piriflegetonte[1].

Platone nel Fedone[2] lo descrive come un fiume di fuoco che alimenta una vasta palude ignea. Secondo Platone, nel fiume ardente sono immersi, come supplizio, i parricidi e i matricidi.

Il Flegetonte viene citato nell'Eneide[3] nell'invocazione compiuta da Enea al momento del suo ingresso negli inferi. L'eroe troiano sta seguendo le istruzioni della Sibilla per raggiungere il Tartaro e rivedere lo spirito del proprio padre Anchise. Il Flegetonte viene successivamente descritto[4] come un fiume impetuoso e fiammeggiante che circonda le alte mura del Tartaro.

Nelle Metamorfosi di Ovidio, Ascalafo viene asperso con l'acqua del Flegetonte e trasformato in un gufo[5] come punizione per aver condannato, con la sua delazione, Proserpina a rimanere per sempre nel regno dei morti.

Flegetonte e Cocito sono indicati nella Tebaide[6] di Stazio come due divinità[7] stillanti, rispettivamente, fuoco e lacrime che aiutano Minosse nel giudizio delle anime.

Il Flegetonte compare anche nel Canto XII della Divina Commedia di Dante Alighieri, nel quale non è rappresentato come un fiume di fuoco, bensì di sangue bollente, dove sono immersi i violenti verso il prossimo (tiranni, omicidi, predoni e ladroni).

  1. ^ Odissea, opera citata, X.513 (pag. 287).
  2. ^ Fedone 112.
  3. ^ Eneide VI.265.
  4. ^ Eneide VI.553-556.
  5. ^ Un uccello meschino e messaggero di sventure (venturi nuntia luctus, ignavus bubo, dirum mortalibus omen) come lo descrive il poeta latino. L'episodio della trasformazione è contenuto in Metamorfosi V.543-550.
  6. ^ Tebaide 8.21.
  7. ^ La questione dell'origine divina dei due fiumi viene, tuttavia, discussa e criticata da Cicerone in De natura deorum 3.17.