Guerre romano-celtiche

Guerre romano-celtiche
parte delle conquiste dei Romani
Scontro tra un cavaliere romano ed uno celta da un dipinto di Évariste-Vital Luminais
DataIV secolo a.C. - 84 d.C.
LuogoEuropa
EsitoSottomissione a Roma del mondo celtico, con l'eccezione dell'Hibernia (attuale Irlanda), con la quale preferì solo intraprendere scambi commerciali, salvo due vincenti spedizioni militari in essa e la repressione di saltuarie scorrerie di pirati hiberni.
Schieramenti
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Le guerre romano-celtiche racchiudono una serie di conflitti il cui inizio viene fatto risalire ai primi decenni del IV secolo a.C., quando la prima invasione storica della penisola da parte dei Celti mise a repentaglio la stessa sopravvivenza di Roma.

La prima minaccia celtica portata contro Roma si inserisce in un contesto di grandi movimenti migratori provenienti d'oltralpe, sia dalla Gallia nordorientale sia dall'Europa centrale, che, nel IV secolo a.C., ebbero come risultato finale l'occupazione celtica di molti territori dell'Italia del Nord e del litorale adriatico centro-settentrionale, con puntate meridionali che, nel IV secolo a.C., si spinsero fino in Puglia e Campania. Le premesse a tali migrazioni di popoli furono poste da precedenti contatti del mondo celtico transalpino con l'ambiente peninsulare, dovuti essenzialmente a traffici commerciali in cui il fondamentale ruolo intermediario spettava alle popolazioni dell'area centro-settentrionale della penisola, soprattutto Celti di antico insediamento della cultura di Golasecca, Etruschi tirrenici e padani, Veneti, con l'eventuale tramite di popolazioni alpine come i Reti.

Basandosi sul complesso delle fonti, e sull'evidenza archeologica, ma anche sugli sviluppi successivi, la storiografia attuale è giunta ad una concorde valutazione delle occupazioni territoriali dei Celti in Italia, e degli episodi bellici che ne scaturirono: la penetrazione celtica in Italia, un evento che potrebbe apparire spontaneo, fu invece il risultato di una consapevole pianificazione; esso, anzi, fu caldeggiato, e forse addirittura perseguito ed eterodiretto, da uno degli attori principali degli equilibri politici che andavano delineandosi sulla penisola: Dionisio I di Siracusa, l'ambizioso tiranno che da tempo era impegnato sul duplice fronte delle rivalità con Cartagine e della conflittualità diretta contro il blocco coalizzato delle poleis italiote: egli coltivava mire verso un'estensione della sua influenza in Sicilia e sulle sponde tirreniche e adriatiche dell'Italia, oltre che, secondo il consiglio di Filisto, sul versante adriatico greco-epirota ed illirico: era quindi il primo a poter guardare con favore all'ingresso di un nuovo soggetto nell'agone geopolitico, da cui poteva trarre molti vantaggi, soprattutto in un'ottica antagonista al mondo etrusco, la cui alleanza con Cartagine suggellava da tempo il dominio sul Tirreno.

La tradizione romana, pur tra evidenti deformazioni propagandistiche, ci ha consegnato diversi resoconti degli avvenimenti. Un accento particolare viene posto sulla portata della minaccia celtica nei confronti dell'emergente Roma: il sacco celtico, il primo di una serie nella storia della città, sicuramente avvenuto qualche anno dopo la tradizionale data del 390 a.C., è descritto come un evento dagli effetti pressoché distruttivi e potenzialmente destabilizzanti per la sopravvivenza di Roma. Questa visione è condivisa, pur con qualche significativa eccezione, da molti degli storici moderni.

L'irrompere della minaccia celtica sul territorio italiano determinò anche il pieno e definitivo ingresso dei Celti alla ribalta della storia scritta, permettendo, da allora in poi, di conoscere meglio i contorni storici e cronologici delle loro vicende. Essa ebbe anche l'effetto di porre per la prima volta sotto i riflettori della storiografia greca la città di Roma, fino ad allora quasi sconosciuta. Le ostilità continuarono, nei secoli successivi, fino a quando la minaccia portata sul suolo italiano fu contenuta e infine soffocata, con la conquista della Pianura Padana nel II secolo a.C. e la conseguente creazione della provincia romana di Gallia Cisalpina. La conflittualità tra Celti e Romani conobbe ancora vari sussulti e riemerse nell'ultimo quarto del II secolo a.C., stavolta in pieno territorio gallico, quando la vittoria romana portò alla creazione della Provincia Narbonensis. Ma la minaccia celtica contro le politiche di Roma si spense definitivamente solo alla metà del I secolo a.C., quando Giulio Cesare pose fine all'indipendenza della Gallia.