Col termine luce (dal latino lūx lūcis, ant *louk-s, affine al sanscr. roká-, armeno loys, gotico liuhath, ted. Licht, e all’agg. gr. λευκός «brillante, bianco»[1]) s'intende la porzione dello spettro elettromagnetico che risulta visibile dall'occhio umano. Tale intervallo, definito spettro visibile, è compreso tra le lunghezze d'onda di circa 700 e 400 nanometri (tra le frequenze di circa 428 e 750 THz), corrispondenti rispettivamente alla luce rossa e violetta. Questi limiti, pur simili, non sono uguali per tutte le persone. Le regioni dello spettro adiacenti prendono il nome rispettivamente di radiazione infrarossa e ultravioletta.[2][3][4]
La presenza contemporanea di tutte le radiazioni della luce, in quantità proporzionali a quelle della luce solare, forma la cosiddetta luce bianca (benché la luce solare appaia tendenzialmente giallognola).
Come tutte le onde elettromagnetiche, nell'elettromagnetismo classico la luce è descritta come un'onda, mentre nella fisica moderna, in seguito all'avvento della meccanica quantistica, possiede anche proprietà tipiche delle particelle, risultando composta da unità fondamentali (quanti) chiamate fotoni.[5][6][7] La velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto è definita per ragioni storiche come velocità della luce.
La luce interagisce in varia misura con la materia. I fenomeni che più comunemente influenzano o impediscono la trasmissione della luce attraverso la materia sono: l'assorbimento, la diffusione (scattering), la riflessione speculare o diffusa, la rifrazione e la diffrazione. La riflessione diffusa da parte delle superfici, da sola o combinata con l'assorbimento, è il principale meccanismo attraverso il quale gli oggetti illuminati si rivelano ai nostri occhi, mentre la diffusione da parte dell'atmosfera è responsabile del colore del cielo.[8][9] Nel marzo 2024 sono stati scoperti il disolfuro di renio e il diseleniuro di renio, entrambi in grado di controllare l'interazione tra luce e materia.[10]