Maccartismo

Copertina di un fumetto di propaganda americano titolante: È questo il domani? L'America sotto il Comunismo!

Il maccartismo fu un atteggiamento politico-amministrativo manifestatosi nella storia degli Stati Uniti d'America nei primi anni cinquanta del XX secolo, caratterizzato da un’esasperata repressione nei confronti di persone, gruppi e comportamenti ritenuti filo comunisti e quindi sovversivi.

Deve il suo nome al senatore Joseph McCarthy (1908-1957), che diresse la principale commissione per la repressione delle attività antiamericane operando attacchi personali, spesso privi di fondamento, nei confronti di funzionari governativi, uomini di spettacolo e di cultura, ecc. da lui considerati comunisti e quindi pericolosi per lo stile di vita della società americana. L'infondatezza delle accuse, spesso arbitrarie, che hanno coinvolto molte personalità di spicco della politica e della cultura degli Stati Uniti, ha fatto sì che il fenomeno fosse chiamato anche caccia alle streghe, per richiamare le evidenti analogie. Il termine è rimasto in uso nella polemica politica soprattutto per indicare un anticomunismo radicale e preconcetto.[1]

In questi anni vi furono crescenti paure di "influenze comuniste" sulle istituzioni statunitensi (la cosiddetta "paura rossa") favorite anche dalla scoperta di clamorosi casi di spionaggio a favore dell'Unione Sovietica, come il caso Rosenberg, dall'aumento della tensione causato dal consolidarsi dell'egemonia sovietica sull'Europa orientale, dal successo della rivoluzione comunista cinese (1949) e dalla guerra di Corea (1950-1953).

Si può ritenere che il maccartismo abbia avuto termine nel gennaio 1955, quando Joseph McCarthy si dimise dalla presidenza della commissione parlamentare d'inchiesta a seguito di una mozione di censura contro di lui votata dal Senato; la mozione era stata presentata in seguito ad una campagna che egli aveva condotto contro alti gradi dell'esercito, che accusava di simpatie comuniste.