Il termine moralismo può assumere una varietà di significati:
- in filosofia con "moralismo" ci si riferisce alla considerazione della legge morale come superiore ad ogni altra attività umana: com'è, ad esempio, nell'affermato primato della Ragion pratica sull'attività teoretica in Kant o nella filosofia di Fichte denominata "moralismo puro" per intendere che il principio dell'azione è a fondamento e giustificazione di ogni aspetto della vita dell'individuo.[1]
- In un senso attinente può essere valutata la dottrina del "moralismo assoluto" di Guido Calogero che sostiene che nei rapporti tra gli uomini si impone l'imprescindibile legge morale del dialogo.[2]
- Oltre che nell'idealismo etico il moralismo appare nella filosofia contemporanea dell'attivismo, dell'energismo [3] e nella dottrina del moralismo umanistico. [4]
- Moralismo può anche riferirsi ad un atteggiamento di eccessivo richiamo alla norma nel suo aspetto formale (legalismo e giuridismo) applicato a giudizi che portano spesso ad una disumanizzazione della morale o ai casi in cui il valore morale della norma giuridica viene identificato con il dettame religioso assunto in maniera acritica.
- Nel senso comune moralismo viene inteso spregiativamente come una degenerazione della morale usata con eccessiva intransigenza per una severa, talora ipocrita, condanna degli altri. [6]
- ^ Guido Calogero in Enciclopedia Treccani alla voce corrispondente
- ^ Luigi Gallo, Guido Calogero. Etica, politica e filosofia estetica nel pensiero dell'esponente del «moralismo assoluto», Atheneum, Firenze 2000
- ^ Dottrina morale che fa capo a Friedrich Paulsen che sostiene che l'uomo debba impegnare tutte le sue energie fisiche e spirituali per essere protagonista della società e della storia del suo tempo.
- ^ In Sapere.it alla voce corrispondente
- ^ Jean-Louis Bruguès, Dizionario di morale cattolica, Edizioni Studio Domenicano, 1994 p.241
- ^ In Sapere.it alla voce corrispondente.