I moti del 1848, conosciuti anche come rivoluzioni del 1848[1] o primavera dei popoli[2], furono un'ondata di agitazioni rivoluzionarie avvenute nella metà del XIX secolo contro i regimi assolutisti di tutta Europa, raccogliendo l'eredità dei moti del 1820-21 e del 1830-31. Solo il Regno Unito vittoriano, in un periodo di stabilità politica ed economica (ma soprattutto grazie alle riforme elettorali del 1832 che pacificarono la classe borghese e scatenarono il cartismo), e la Russia (in cui all'opposto erano praticamente assenti una classe borghese e una classe proletaria potenzialmente in grado di ribellarsi) furono esentati delle rivoluzioni del 1848-49. In particolare la Russia fu esentata dalle innovazioni portate dalla primavera dei popoli.
I moti rivoluzionari del 1848 erano essenzialmente di natura liberale e democratica, ed avevano l’obiettivo di sostituire le vecchie strutture monarchiche con la creazione di stati-nazione indipendenti, come auspicato dai sostenitori del nazionalismo romantico. Il loro impatto storico fu così profondo che nel linguaggio corrente è entrata in uso l'espressione «fare un quarantotto» per sottintendere una improvvisa confusione, o scompiglio.[3]