La parte civile nel processo penale è il soggetto danneggiato dal reato che intende far valere innanzi al giudice penale la propria domanda di risarcimento o di restituzione.
La domanda civile innestata nel procedimento penale conserva, pertanto, la propria autonomia seppur sia regolata proceduralmente dalle norme del codice di procedura penale. Ex art. 74 c.p.p. può costituirsi esclusivamente nel processo e non nel procedimento. Soggetto legittimato a costituirsi parte civile è qualsiasi persona fisica e giuridica, nonché enti senza personalità giuridica. Per le persone fisiche, possono agire anche i successori universali.
Il fatto che queste figure possano partecipare al processo penale dipende dalla circostanza che uno stesso fatto può costituire nello stesso tempo sia un illecito penale in quanto passibile di una sanzione penale, sia un illecito civile in quanto ha provocato un danno con riferimento al quale si pone la necessità di una restituzione o di un risarcimento. Per quanto riguarda le restituzioni non si sono posti grandi problemi perché il giudice penale con riferimento alle restituzioni può pronunciarsi autonomamente.
Le restituzioni possono consistere in un dare o in un fare, per esempio al ripristino dello stato dei luoghi prima che intervenisse il fatto di reato. Per quanto riguarda invece il risarcimento del danno, più di un problema si pone nel momento in cui è necessario procedere alla quantificazione del danno perché nella maggior parte dei casi bisogna rivolgersi al giudice civile per la quantificazione a norma degli art. 1223 ss. del c.c. Per quanto riguarda il risarcimento del danno inizialmente si riteneva che potesse essere risarcito solo il danno che consegue alla lesione di un diritto soggettivo. In seguito alla sentenza 500/1999 della Corte suprema di cassazione a sezioni unite invece si è affermata anche la risarcibilità del danno derivante dalla lesione dell'interesse legittimo.
Altro problema è quello di stabilire che tipo di danno deve essere considerato risarcibile, poiché inizialmente si riteneva risarcibile solo il danno patrimoniale (art. 1226 c.c.) che si configura nelle due componenti del danno emergente (la perdita derivante dalla lesione del bene) e il lucro cessante (il mancato profitto derivante dalla lesione); in seguito ci si rese conto che non poteva essere solo questa l'unica conseguenza degna di risarcimento in quanto vi erano anche altre situazioni che andavano a colpire il soggetto, prima fra tutte le sofferenze da questi sopportate e in tal senso è stato ritenuto risarcibile anche il danno morale; in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 184/1986 è stato ritenuto risarcibile anche il cosiddetto danno biologico che si differenzia dal danno morale in quanto colpisce l'integrità psicofisica del soggetto menomando la sua vita di relazione e cioè tutti i suoi rapporti futuri.
Nel novero delle ipotesi di risarcibilità rientra attualmente anche il danno ambientale così come definito dall'art. 18 della l. 349/1986, cioè qualsiasi deterioramento o distruzione che comprometta tutte le bellezze naturali e le risorse naturali in genere: questa specificazione è importante perché ai fini del riconoscimento della legittimazione a costituirsi parte civile, perché possono costituirsi parte civile in presenza di un danno ambientale gli enti quali lo stato regioni, le province e i comuni, ma può farlo anche il soggetto privato proprio in virtù della lesione del suo diritto inviolabile che trova il suo fondamento nell'art. 2 della Costituzione.
Anche le associazioni e gli enti possono costituirsi parte civile purché intervengano a tutela di un interesse che rientra nei fini che l'ente o l'associazione perseguono, perché nel caso in cui non ci sia questa condizione gli enti e l'associazione hanno solo un potere di denuncia e di sollecitazione di intervento, ma non hanno la possibilità di costituirsi parte civile anche se essi hanno avuto il riconoscimento governativo secondo l'art. 13 della legge 349/1986; occorre precisare che l'art. 36 c. 2 della legge n. 104/1992 precisa che nel caso in cui si tratti di reati di cui agli artt. 527 e 628 del c.p. (reati di atti osceni e di rapina e con riferimento ai delitti non colposi contro la persona di cui al titolo dodicesimo del libro secondo del c.p.) se la persona danneggiata risulta essere un soggetto affetto da handicap, la legittimazione a costituirsi parte civile spetta al difensore fisico o in sua assenza all'associazione a cui risulti iscritto tale soggetto o ancora a un suo familiare.
Il danno può essere diretto ma anche indiretto: a sostegno della seconda tesi dottrina e giurisprudenza sono orientate in maniera diffusa verso la stessa direzione, partendo dal presupposto che in diritto civile il danno indiretto non è risarcibile con riferimenti precisi di norme che invece in diritto penale non esistono.