Con dottrina patristica (dal latino pater, patris, "padre") si intende la filosofia cristiana dei primi secoli, elaborata dai Padri della Chiesa e dagli scrittori ecclesiastici. Nel II secolo, poco dopo l'età apostolica, all'interno delle prime comunità cristiane alcuni eruditi iniziarono a scrivere testi, detti apologetici, in difesa della nuova fede in risposta alle critiche e alle accuse, spesso accompagnate da persecuzioni, che venivano mosse da parte dei pagani. Ma non solo, la rapida diffusione del cristianesimo all'interno di un Impero di così grandi dimensioni necessitava di stabilire una dottrina omogenea e coerente con il messaggio di Cristo per evitare deviazioni e eresie. I primi autori cristiani apparvero nel mondo ellenistico ricco di cultura e filosofia. E proprio dalla filosofia greca che trassero le basi per il loro pensiero tentandone una conciliazione con la Rivelazione, sebbene non mancarono coloro che rifiutavano il ricorso alla cultura pagana. Figure come Giustino, Taziano, Atenagora, Ireneo gettarono le fondamenta della teologia cristiana in anni non facili per la nuova religione. Nel mondo di lingua latina gli scrittori cristiani arrivarono solo nel secolo seguente con la maggior diffusione del cristianesimo. Intanto, nel 180, ad Alessandria d'Egitto nacque una scuola catechetica con l'intento di utilizzare la sapienza greca applicata alle Sacre Scritture per formare insegnanti cristiani.
Nel 313 con l'editto di Milano l'imperatore Costantino I concesse ai cristiani la libertà di culto. Da questo momento il lavoro dei Padri non fu più incentrato sulla difesa dalle persecuzioni protendendo impegnarsi maggiormente nell'evangelizzazione e nell'indagine dei testi sacri (esegesi). Furono però anche gli anni in cui la diffusione della dottrina neoplatonica riportò in auge il pensiero di Platone da cui i filosofi cristiani attinsero a piene mani in quanto per molti aspetti ben si conciliava con la dottrina Cristiana. Se in ambito greco i tre Padri cappadoci furono coloro che più ricorsero al platonismo per le loro speculazione, nel mondo latino spicca su tutte la figura di Agostino d'Ippona, considerato all'unanimità il più grande tra i filosofi della patristica e tra le massime autorità di tutta la filosofia cristiana.
La morte di Agostino, avvenuta nel 430, segnò la fine dell'età aurea della patristica. Negli stessi anni, l'impero romano d'Occidente stava andando incontro alla sua inesorabile fine aprendo il periodo dei regni romano-barbarici caratterizzati da un impoverimento del contesto culturale aggravato dalla progressiva perdita della conoscenza della lingua greca che ebbe forti ripercussioni nello sviluppo della filosofia cristiana. Nonostante ciò, qualche figura importante riuscì ad emergere, primo fra tutti Severino Boezio, sebbene i loro lavori difettarono per originalità e profondità. Operanti soprattutto sulle traduzioni, ebbero comunque il fondamentale merito di far giungere alcune opere fin nel medioevo che si rivelarono fondamentali per lo sviluppo della filosofia scolastica (la tipica filosofia del medioevo cristiana). In Oriente l'Impero, da adesso chiamato "bizantino" continuò per quasi un altro millennio ma dopo le due più grandi figure della patristica di questi anni, Dionigi Areopagita e Massimo il Confessore, anche qui lo sviluppo della filosofia cristiana andò incontro ad un appiattimento. Il lavoro di sistemazione operato tra il VII e l'VIII secolo da Giovanni Damasceno può essere considerato il capitolo finale dell'esperienza patristica.