Il radicalismo è una corrente ideologica sorta nel XVIII secolo all'interno del movimento liberale. I "radicali" rappresentavano l'ala più estrema dello schieramento liberale identificandosi nella sinistra liberale.[1] [2] Essi proponevano riforme politiche appunto radicali in senso egualitario, tra le quali l'introduzione del suffragio universale, l'abolizione dei titoli nobiliari e, taluni, la repubblica.[3] Inoltre, i radicali sostenevano la libertà di stampa e la rigida separazione tra Stato e Chiesa. In Italia fu rappresentato dall'estrema sinistra storica e dal Partito Radicale Italiano.
Il radicalismo storico si caratterizza per la sua posizione intransigente rispetto a una serie di principi umanisti, razionalisti, laici, repubblicani e anticlericali, e per una visione più avanzata della società da una prospettiva liberale progressista con particolare attenzione ai diritti civili e ai diritti politici.[4]
Negli Stati Uniti d'America, dove i partiti di ispirazione socialista sono stati repressi e il liberalismo è condiviso dai principali partiti politici, se il termine liberal indica una posizione assimilabile alla socialdemocrazia, il termine radical viene usato per l'estrema sinistra di stampo marxista e la cosiddetta nuova sinistra, nata dai movimenti studenteschi degli anni sessanta del Novecento; da cui l'utilizzo anche da parte dei giornalisti italiani dell'espressione sinistra radicale per riferirsi alla sinistra comunista.