La resistenza ceca è il movimento di resistenza attivo durante la seconda guerra mondiale nel territorio dell'attuale Repubblica Ceca, che al tempo costituiva il Protettorato di Boemia e Moravia sotto il controllo tedesco.
Si tratta di un movimento scarsamente documentato, in parte dovuto alle sue piccole dimensioni e in parte dovuto alla politica nazista che annientava qualsiasi opposizione. Nei primi giorni della guerra, la popolazione ceca partecipò al boicottaggio dei trasporti pubblici e ci furono sporadici appelli per dimostrazioni di massa in segno di protesta. Gli studi sul comportamento del popolo cecoslovacco durante la guerra generalmente concordano sul fatto che i Cechi impararono ad adattarsi piuttosto che a resistere.
Lo storico Radomír V. Luza divide la resistenza ceca in due fasi distinte. Durante la prima fase, che durò fino al 1942, la resistenza concentrò la sua attenzione sulla creazione di reti e servizi affidabili d'informazione, l'impegno in azioni su piccola scala e la creazione di una stampa clandestina per diffondere le informazioni. Dopo la liquidazione di questa prima fase, sorse una seconda fase verso la fine del 1944 come un'onda di rivolte popolari diffuse in tutta l'Europa centrale e orientale. Questa fase ebbe una diffusione più spontanea, ispirata dall'avanzata degli eserciti alleati sia ad ovest che ad est.
Secondo lo storico ceco Vojtech Mastný, i tedeschi impiegarono poche truppe nel Protettorato di Boemia e Moravia (come fu chiamato il territorio ceco occupato) perché l'atteggiamento della gente non giustificò mai alcun sensibile incremento del numero di soldati. La tesi centrale della sua analisi nel suo libro "I Cechi sotto il dominio nazista: il fallimento della resistenza nazionale" è che i Cechi non riuscirono a contrastare le autorità naziste con una efficace resistenza. Dal 1942, la resistenza ceca fu distrutta e non svolse mai un ruolo significativo fino alla fine della guerra.