La storia del colonialismo in Africa è il susseguirsi delle interferenze esterne (in particolare arabe, europee e turco-ottomane) che si manifestarono sul suolo africano nel corso dei secoli.[1] In una prospettiva eurocentrica, il termine è utilizzato prevalentemente per indicare la presenza europea in Africa nei cento anni compresi tra il 1881 (l'anno in cui la Francia proclamò il suo protettorato sulla Tunisia)[2] e il 1980 (l'anno in cui venne riconosciuta l'indipendenza della Rhodesia, ultima colonia europea in Africa):[3] l'epoca della corsa all'Africa i cui protagonisti furono soprattutto Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna.[4]
Indicativamente, possono essere distinti tre periodi. Il primo, dal VII al XV secolo, quando gli Arabi conquistarono l'Africa settentrionale e la Valle del Nilo,[5] raggiunsero il Sahel attraversando il Sahara, si insediarono sulla costa orientale del continente fondandovi delle colonie e svilupparono il commercio degli schiavi.[6] Il secondo periodo, dal XV al XIX secolo, quando sulla costa occidentale e meridionale del continente arrivarono i primi mercanti europei che diedero inizio ai commerci tra l’Africa sub-sahariana e l'Europa e successivamente alla tratta atlantica degli schiavi[7] e quando, contemporaneamente, i Turchi ottomani conquistarono i territori arabi dell'Africa settentrionale.[8] Infine, un terzo periodo, il più breve, tra il XIX e il XX secolo, quando gli Europei, dichiarato illegale il commercio degli schiavi, presero il controllo di tutto il continente africano, comprese le regioni dell'interno e quelle precedentemente colonizzate dagli Arabi.[9] Al termine di questo processo, l'Africa risultò divisa in Stati indipendenti entro i confini in gran parte tracciati dalle ex potenze coloniali.[10]