In seguito alla rivoluzione che causò la caduta del regime imposto da Nicolae Ceaușescu, in Romania dopo il 1989 si verificò la transizione da un sistema economico-politico di tipo comunista ad un'economia di mercato e ad un sistema politico democratico. Il paese si dotò di una nuova costituzione (1991), fece fronte all'ammodernamento tecnologico-strutturale e si avvicinò diplomaticamente agli stati occidentali. Nonostante un periodo di confusione iniziale, il paese fece passi avanti anche nel campo delle riforme sociali e dei diritti umani. Negli anni 2000 fu superato il fenomeno delle mineriade, termine che faceva riferimento alle incursioni armate dei primi anni novanta da parte dei lavoratori del settore minerario ai danni della popolazione civile, spesso con l'assenso delle autorità politiche ed istituzionali.
Rispetto ad altri paesi dell'ex blocco sovietico del Patto di Varsavia, come la Polonia, la completa transizione della Romania all'economia di mercato avvenne in maniera lenta, frutto della volontà delle élite politiche che guidarono il paese nei primi anni novanta. Nella maggior parte dei casi il potere decisionale fu in mano ad elementi che erano stati funzionari del regime o avevano avuto un ruolo politico attivo sotto il periodo comunista, tra i quali il primo presidente della repubblica Ion Iliescu (che ricoprì l'incarico tra il 1989 e il 1996 e nuovamente dal 2000 al 2004) e il primo presidente del consiglio Petre Roman.
Le prime elezioni si tennero il 20 maggio 1990 e segnarono l'inizio della presidenza di Ion Iliescu, già leader del governo provvisorio, stratega e figura politica di maggior rilievo durante il periodo di transizione alla democrazia. Nel 1996 vi fu il primo avvicendamento alla presidenza della repubblica, con l'elezione del candidato del centro-destra liberale Emil Constantinescu. Dopo un nuovo periodo sotto il socialdemocratico Ion Iliescu, dal 2004 al 2014 il nuovo inquilino del palazzo Cotroceni, sede della presidenza della repubblica, fu Traian Băsescu, esponente del centro-destra. Lo stile politico di Băsescu, incline al protagonismo politico, tuttavia, fu contestato da diverse forze politiche di opposizione che, per la sua destituzione, organizzarono senza successo due referendum (2007 e 2012).
Il 29 marzo 2004 il paese ufficializzò l'ingresso nella NATO, insieme a Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia, mentre il 1º gennaio 2007 entrò nell'Unione europea insieme alla Bulgaria.
Nel complesso, le politiche economiche e strutturali di liberalizzazione dei mercati, a medio-lungo termine, portarono ad un miglioramento della condizione di vita degli abitanti (secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale il PIL a parità del potere di acquisto nel 1990 era di 172,5 miliardi di dollari, con un reddito pro capite di 7.355,22 dollari, mentre nel 2010 il PIL era di 339,3 miliardi di dollari con un reddito pro capite di 16.719,25 dollari[1]), nonostante il livello medio dei salari (tra i più bassi d'Europa e superiori solo alla Bulgaria nella UE a 28[2]), una massiccia emigrazione di forza lavoro (secondo la stima dell'ex presidente Traian Băsescu nel 2006 8 milioni di rumeni vivevano all'estero[3]) e ad un andamento demografico generalmente negativo[4].
La crisi economica internazionale esplose violentemente nel 2012, quando imponenti manifestazioni di piazza spinsero l'allora premier Emil Boc, figura sostenuta da Băsescu, a deporre il proprio mandato. Nel 2015, sotto la presidenza del liberale Klaus Iohannis (eletto nel 2014), in seguito alla tragedia della discoteca Colectiv di Bucarest, si verificarono nuove ampie proteste che costarono le dimissioni del primo ministro Victor Ponta, figura chiave del Partito Social Democratico in carica dal 2012 e coinvolto in numerosi scandali giudiziari. Sempre nel 2015, con Dacian Cioloș, successore di Ponta, la Romania visse l'esperienza del primo governo tecnico dell'epoca democratica.
I romeni scesero nuovamente in piazza nel 2017, per manifestare contro un'ordinanza di modifica del codice penale ideata dal governo socialdemocratico di Sorin Grindeanu. Si trattò della più grande manifestazione dai tempi della rivoluzione del 1989.