Il termine supercàzzola[1] (storpiatura dell'originale supercàzzora[2]) è un neologismo (entrato nell'uso comune dal cinema) metasemantico, che indica un nonsenso, una frase priva di senso logico e che non comunica nulla, composta da un insieme casuale di parole sia reali che inesistenti, esposta in modo ingannevolmente veloce, forbito e sicuro a interlocutori che si intende prendere in giro, i quali, pur non capendo, alla fine la accettano come corretta[3]. Nel 2015 la definizione di supercazzola è stata inserita nel vocabolario Zingarelli[4].
L'invenzione della supercazzola viene attribuita a Corrado Lojacono, ancora prima che la "parola d'autore" fosse ripresa e resa famosa dai film della trilogia di Amici miei, usciti tra il 1975 ed il 1985 e diretti da Mario Monicelli e Nanni Loy, che raccontano le vicende di un gruppo di amici cinquantenni di Firenze che sfogano le loro preoccupazioni con scherzi a danno del prossimo. Nelle pellicole è quasi esclusivamente Ugo Tognazzi, nei panni del conte Raffaello "Lello" Mascetti, a far uso della supercazzola.
Il termine "supercazzola" viene eletto a definizione di questa tecnica a seguito di una scena in cui una burla di questo tipo del conte Lello Mascetti viene "rovinata" dall'intromissione del personaggio del barista Guido Necchi (Duilio Del Prete), che Mascetti apostrofa dicendo:
«Senti, Necchi, tu non ti devi permettere di intervenire quando io faccio la supercazzola!»