I rifiuti rappresentano una questione particolarmente problematica sia per l’ambiente, sia per l’economia. Una loro cattiva gestione, infatti, può causare gravi danni ambientali ed economici, in quanto:
Su entrambi i versanti, l’obiettivo fondamentale delle politiche comunitarie e nazionali è la riduzione dell’impatto negativo dei rifiuti. A tale proposito, un sistema per raggiungere questo traguardo è la via della prevenzione: attraverso la condivisione, la riparazione, il riutilizzo e il riciclo di materiali e prodotti esistenti è infatti possibile estendere più a lungo il ciclo vitale degli stessi, contribuendo così a ridurre al minimo l’inquinamento.
Secondo gli ultimi dati Eurostat aggiornati al 2019, la quantità di immondizia pro-capite risulta di oltre mezza tonnellata a persona: è il dato più alto dal 2010, quando l’entità pro-capite era di 503 kg. La maggior parte dei rifiuti generati consiste nei c.d. rifiuti urbani, prodotti da famiglie, imprese e strutture pubbliche [1] ed è prevalentemente al fine di garantire il servizio di raccolta e smaltimento di tali rifiuti che interviene la tassazione ambientale in materia, finalizzata anche a finanziare interventi di risanamento e prevenzione e ad indirizzare le scelte di cittadini e imprese verso una maggiore sostenibilità ecologica.
Dinanzi alle emergenze ambientali, il legislatore è solito intervenire attraverso la c.d. politica del command and control [2], strutturata in due fasi:
Accanto a questi limiti e controlli, poi, operano le misure di fiscalità ambientale (“fiscalità verde”), che costituiscono parte essenziale delle politiche ambientali e fiscali in quanto orientano comportamenti individuali e collettivi e responsabilizzano imprese, consumatori e istituzioni. Come affermato dalla Commissione Europea nel Libro Bianco di Delors, “la c.d. fiscalità ecologica rappresenta lo strumento più efficace rimasto in capo agli Stati nazionali per orientare il mercato attraverso più efficienti e concorrenziali modelli di produzione”. Essa, infatti, attraverso l’internalizzazione dei costi ambientali nei prezzi di mercato, consente di ridurre l’entità dell’inquinamento prodotto e di correggere le distorsioni esistenti sul mercato per l’uso eccessivo delle risorse naturali, nonché quelle derivanti da indebiti vantaggi competitivi che l’inquinamento offre a quelle imprese che operano e producono senza sopportare costi volti a salvaguardare l’ambiente [2].
La complessità delle problematiche ambientali induce a considerare che solo un insieme di misure ben strutturate, comprese quelle tributarie, può consentire il raggiungimento di traguardi importanti anche nel lungo periodo.