Ugo Grozio

(LA)

«Hugo Grotius, gravissimus philosophus et philologus præstantissimus.»

(IT)

«Ugo Grozio, gravissimo filosofo e filologo prestantissimo[1]

Grozio ritratto da Michiel Jansz van Mierevelt (1631).

Hugo de Groot[2] (in olandese [ˈɦœyɣ də ɣroːt], latinizzato in Hugo Grotius, da cui l'italiano Ugone Grozio o, secondo la lezione più recente, Ugo Grozio) (Delft, 10 aprile 1583Rostock, 28 agosto 1645) è stato un giurista, filosofo, teologo, umanista, storico, poeta, filologo, e politico olandese.

Firma di Ugo Grozio.

Considerato da Pufendorf come il fondatore della «scuola del diritto naturale»[3][4], giacché «prima di Ugo Grozio non ci fu nessuno che distinguesse rigorosamente i diritti naturali dai positivi, e si sforzasse di disporli in sistema chiuso e completo» (Eris Scandica, I[5]), col suo De iure belli ac pacis (1625) contribuì, durante i travagliati anni delle guerre di religione europee, alla formulazione del diritto internazionale moderno[6]. Nonostante il giudizio della critica contemporanea abbia ridimensionato l'originalità speculativa di Grozio[7][8], negandogli financo la qualità di filosofo[9], in sede storica, come ha osservato Fassò, non si può non riconoscere come la filosofia giuridica moderna faccia capo a lui, «involontario ma effettivo padre [...] di quello che viene chiamato il giusnaturalismo moderno»[10][11]. Gran parte dell'etica del Seicento e del Settecento, inoltre, ispirandosi al giusnaturalismo, può essere fatta indirettamente dipendere dalla dottrina groziana[12].

Versato negli studi umanistici (alla sua opera di filologo si devono, ad esempio, alcune edizioni di Marziano Capella, Arato di Soli, Teocrito[13], nonché una «splendida traduzione latina» dell'Antologia Planudea[14]) e teologici, tanto da essere giudicato «il più grande discepolo di Erasmo» (Cassirer[15]), Grozio inaugurò, con le sue Annotationes in Vetus et Novum Testamentum (1679[16][17]), l'epoca della «critica scientifica della Bibbia»[15], incentrata su una valutazione storica dei libri della Scrittura[18], profondendosi al contempo in un'importante attività apologetica (la cui più alta espressione è contenuta in uno scritto del 1627, il De veritate religionis christianae), tesa ad affermare, al di là delle divisioni religiose, il significato genuino del cristianesimo[19]. L'incontro di tradizione classica, specialmente stoica, e cristiana, retaggio dell'umanismo erasmiano, ha fatto assimilare l'opera groziana a una «sintesi [...] tra Cicerone ed il Vangelo» (Villey[20]).

  1. ^ La traduzione è tratta da Antonio Corsano, Giambattista Vico, Bari, Laterza, 1956, p. 148, ISBN non esistente. URL consultato il 18 settembre 2016.
  2. ^ Sul nome autentico di Grozio (Huig de Groot, non Hugo van Groot), v. G. Fassò, pp. 309-312.
  3. ^ G. Fassò, pp. 80-81.
  4. ^ Norberto Bobbio e Michelangelo Bovero, Società e Stato nella filosofia politica moderna. Modello giusnaturalistico e modello hegelo-marxiano, Milano, Il Saggiatore, 1979, pp. 21 e 99, nota 5, ISBN non esistente.
    «Per opera del [Pufendorf] è nata e si è tramandata la leggenda di un Grozio padre del diritto naturale [nota 5: Già nella sua prima opera, Elementorum iurisprudentiae universalis libri duo, 1660, cui egli aveva affidato il primo temerario ma improrogabile tentativo di esporre la scienza del diritto come scienza dimostrativa, il Pufendorf, dopo aver dichiarato che sino allora la scienza del diritto «non era stata coltivata nella misura richiesta dalla sua necessità e dalla sua dignità», esprime il proprio debito di riconoscenza a due soli autori, Grozio e Hobbes. In un'opera di molti anni posteriore, Eris scandica, qua adversos libros de iure naturali et gentium obiecta diluuntur (1686), scritta per sbaragliare i suoi critici, Pufendorf ribadisce la convinzione che il diritto naturale «solo in questo secolo abbia cominciato ad essere elaborato in forma appropriata», essendo stato nei secoli passati, prima disconosciuto dagli antichi filosofi, specie da Aristotele, il cui campo d'indagine era ristretto alla vita e ai costumi delle città greche, poi frammisto, ora ai precetti religiosi nelle opere dei teologi, ora alle regole di un diritto storico tramandatosi in una compilazione arbitraria e lacunosa, come era il diritto romano, nelle opere dei giuristi. Ancora una volta sulla turba dei pedanti e litigiosi commentatori dei testi sacri o di leggi di un popolo remoto si elevano i due autori cui si deve il primo tentativo di fare del diritto una scienza rigorosa: Grozio e Hobbes. Di Grozio dice che prima di lui «non vi fu alcuno che distinguesse esattamente i diritti naturali dai positivi e tentasse di disporli in un sistema unitario e completo (...in pleni systematis rotunditatem)». Questo passo si trova in un abbozzo di storia del diritto naturale cui Pufendorf dedica il primo capitolo dello scritto Speciem controversiarum circa ius naturae ipsi nuper motarum che fa parte della summenzionata Eris scandica
  5. ^ (LA) Samuelis Pufendorfii, Specimen controversiarum circa ius naturale ipsi nuper motarum, in Eris Scandica, qua adversus libros de iure naturali et gentium obiecta diluuntur, Francufurti, Knochii, 1686 (MDCLXXXVI), p. 200, ISBN non esistente. URL consultato il 9 gennaio 2017.
    «Qui naturalia iura a positivis accurate discerneret, et ista in plenisystematis rotunditatem disponere aggrederetur, ante Hugonem Grotium nemo extitit (trad. it. di G. Fassò, in U. Grozio, Prolegomeni al diritto della guerra e della pace, introduzione e note di G. Fassò, aggiornamento di Carla Faralli, Morano, Napoli 1979, p. 12, nota 2)»
  6. ^ Stefano Pietropaoli, Mitologie del diritto internazionale moderno. Riflessioni sull'interpretazione schmittiana della genesi dello jus publicum europaeum, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico, vol. 37, Milano, Giuffrè, 2008, p. 484, ISBN 88-14-14176-2. URL consultato il 10 gennaio 2017.
    «Tutte le interpretazioni che attribuiscono ora all'uno ora all'altro il titolo di fondatore del diritto internazionale moderno possono essere sostenute, ma bisogna convenire che solo in maniera approssimativa si può riconoscere la paternità del diritto internazionale ad un solo autore»
  7. ^ H. Welzel, p. 185: «Non solo nel diritto internazionale, ma anche nel diritto naturale, Grozio deve essere considerato come il tardo epigono della scolastica, soprattutto dell'ultima scolastica spagnola».
  8. ^ Carl Schmitt, Il Nomos della Terra nel diritto internazionale dello «jus publicum europaeum», a cura di Franco Volpi, traduzione e postfazione di Emanuele Castrucci, Milano, Adelphi, 1991 [1974], pp. 154-155, ISBN 978-88-459-0846-0.
    «Rispetto alla nuova chiarezza concettuale prodotta da Bodin, lo stile di Grozio significa da un punto di vista scientifico un regresso o quanto meno, per usare un eufemismo, un'espressione di "conservatorismo". [...] Grozio non è un innovatore, ma piuttosto colui che, mediante la sua "religione naturale", aprì alla giurisprudenza la strada verso l'Illuminismo. La sua fama nel campo della storia del diritto gli appartiene "par droit de conquête"»
  9. ^ N. Bobbio, p. 28: «Grozio si rivela come un eclettico, e quindi non è propriamente un filosofo: la filosofia eclettica è un'antologia filosofica, una non filosofia. Una filosofia è qualcosa di impegnativo, è più che una soluzione: è una decisione personale; comporta rischio e responsabilità: è una presa di posizione di fronte ai problemi universali. Il filosofo si assume la responsabilità del proprio pensiero, l'eclettico non assume alcuna responsabilità.
    In questa concezione della filosofia non vi è posto per Ugo Grozio che, per il suo eclettismo, non può essere considerato filosofo nel senso proprio e più profondo della parola. Uomo moderno, il Grozio incentra la sua attenzione sulla natura, e questa sua opera di novatore e di ricercatore lo fa invece ben degnamente scienziato.
    Grozio non è quindi filosofo, ma giurista, ed è giurista perché il diritto è la sua stessa realtà».
  10. ^ G. Fassò, p. 84.
  11. ^ Contro «l'immagine di un Grozio innovatore e precursore, qual era stata fissata dai suoi stessi seguaci Pufendorf e Thomasius, e poi per lunga serie di meccaniche ripetizioni fedelmente e ostinatamente riprodotta», cfr. gli articoli di Norberto Bobbio, Legge naturale e legge civile nella filosofia politica di Hobbes (PDF), in Studi in memoria di Gioele Solari, Torino, Edizioni Ramella, 1954, pp. 61-101 (la citazione è tratta da p. 62).; Hobbes e il giusnaturalismo (PDF), in Rivista critica di storia della filosofia, Firenze, La Nuova Italia, 1962, pp. 471-486.
  12. ^ Guido Fassò, Groot, Huig de, in Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini (a cura di), Scritti di filosofia del diritto, vol. 3, Milano, Giuffrè, 1982, p. 1305, ISBN non esistente.
    «In realtà, anche se oggi si tende a negare a Grozio vero talento speculativo e a giudicarlo semplice giurista e non filosofo, è tuttavia riconosciuto da tutti che la moderna filosofia del diritto prende le mosse da lui; e bisogna aggiungere che, indirettamente, fa capo a lui anche gran parte dell'etica dei secc. XVII e XVIII, in quanto essa si ricollega al giusnaturalismo, che, a sua volta, trova le sue premesse, storicamente almeno, nella dottrina di Grozio»
  13. ^ N. Bobbio, p. 21.
  14. ^ Albin Lesky, Storia della letteratura greca, traduzione di Fausto Codino, vol. 3, Milano, Il Saggiatore, 1996 [1957-58, 1971], p. 922, ISBN 88-428-0369-3.
    «Dopo la scoperta della Palatina l'Antologia Planudea ha servito soltanto da ausilio e da integrazione. La sua ultima edizione è quella di H. de Bosch, 5 voll., Utrecht 1795-1822, con la splendida traduzione latina di H. Grotius»
  15. ^ a b Ernst Cassirer, La filosofia dell'Illuminismo, traduzione di E. Pocar, Firenze, La Nuova Italia, 1973 [1932], p. 263, ISBN non esistente.
  16. ^ A. Droetto, p. 258.
  17. ^ F. Todescan, p. 113: «Dopo la pubblicazione del De iure belli ac pacis, Grozio si dedicherà alla stesura di copiose Annotationes all'Antico ed al Nuovo Testamento, che saranno pubblicate postume, in forma completa, per la prima volta nel 1679».
  18. ^ F. Todescan, pp. 113-114: «Frutto di un'esegesi sobria e concisa, di impronta filologica, [le Annotationes in Vetus et Novum Testamentum] non si proporranno intenti dogmatici. L'ossequio al significato letterale, contrapposto alle interpretazioni allegorizzanti, l'attenzione rivolta alle versioni araba e siriaca, oltre che a quella latina, saranno solo uno dei segni dell'educazione filologica ricevuta in gioventù a Leida. Le Annotationes groziane si occuperanno degli autori della Sacra Scrittura allo stesso modo con cui i grandi umanisti trattavano i classici dell'antichità. Di conseguenza la prospettiva teologico-religiosa sfumerà fino a svanire: quello che conterà sarà da un lato il ristabilimento del testo, dall'altro la ricerca di una salda fondazione storica e linguistica alle interpretazioni fornite.
    In tali opere il giurista di Delft seguirà il cammino tracciato dall'Umanesimo, aperto alla suggestione del richiamo ad fontes. Le Annotationes porteranno tutta l'elegante raffinatezza di un'erudizione nutrita di solida cultura giuridica e politica; e il disinvolto uso dei classici indurrà Grozio, più di una volta, a considerare i testi biblici sotto un profilo estetico. Certo non mancherà [...] anche un certo influsso del metodo esegetico di Calvino: ma è pur vero che le componenti di natura dogmatica provenienti dalla tradizione calvinista saranno messe a frutto da Heinrich e Samuel Cocceji e non da Grozio.
    Storia, filologia e critica testuale rimarranno i punti nodali dell'opera esegetica groziana. Il giurista di Delft cercherà di ricostruire per i diversi passi biblici il contesto profano in cui calarli e, abbandonata ogni prospettiva di historia salutis, si rinchiuderà in un lavoro di respiro essenzialmente storico-filologico. La chiusura ad ogni spunto dogmatico imprigionerà il testo, togliendogli la possibilità di manifestare in qualche misura il Verbum Dei: sarà questa un'altra dimensione della secolarizzazione tacitamente penetrata nel testo groziano».
    .
  19. ^ Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, vol. 2, Novara, De Agostini, 2006 [1993], p. 497, ISBN non esistente.
    «In una serie di opere teologiche (la principale delle quali è il De veritate religionis christianae, 1627) mirò a superare i contrasti delle confessioni religiose col riconoscimento del significato genuino del cristianesimo. Il suo intento è [...] la pace religiosa; la quale si può conseguire riconducendo la religione ai suoi princìpi naturali: l'esistenza di un Dio unico, puro spirito, la provvidenza, la creazione»
  20. ^ Michel Villey, La formazione del pensiero giuridico moderno, traduzione di Rosabruna D'Ettorre, introduzione di Francesco D'Agostino, Milano, Jaca Book, 2007 [1975], pp. 515-516, ISBN 978-88-16-40164-8. URL consultato il 16 gennaio 2017.
    «La cultura della grande borghesia olandese, quella nel cui senso sono fioriti un Erasmo, un Giusto Lipsio, uno Scaligero, è stata influenzata più che dal calvinismo dallo spirito umanistico.
    Abbiamo già parlato dell'educazione umanistica ricevuta da Grozio e quanta parte della sua vita egli abbia dedicato ai lavori eruditi, alle edizioni dei tragici greci, dei poeti e degli storici latini. Grozio partecipa al movimento che recupera con entusiasmo un nuovo settore delle opere dell'antichità.
    Tutta la sua opera, e non solo quella erudita, è dominata da questa influenza. Anche il suo pensiero religioso. Per provare l'esistenza di Dio e la verità del Vangelo Grozio fa appello alle dottrine dei sapienti stoici. È una sintesi che ricalca quella erasmiana tra Cicerone ed il Vangelo. Il fatto è che l'unità della chiesa cristiana dilacerata può essere ricomposta solo da un cristianesimo semplificato, reinterpretato con l'aiuto della ragione stoica e che pur pretendendo di essere fedelmente evangelico è in realtà dominato dalla ragione e dalla morale degli stoici. Ciò che l'ecumenismo di Grozio ha conservato del cristianesimo sembra essere in primo luogo lo stoicismo»