Il vampiro è un essere mitologico o folcloristico che sopravvive nutrendosi dell'essenza vitale (generalmente del sangue) di altre creature, nonché una delle figure dominanti del genere horror.[1][2][3][4][5]
Nonostante entità di tipo vampirico siano diffuse in numerose culture ed epoche, il termine "vampiro" divenne popolare solo agli inizi del XVIII secolo, in seguito all'influenza delle superstizioni presenti nell'Europa del sud-est e nei Balcani, dove le leggende sui vampiri erano molto diffuse,[6][7] sebbene fosse noto anche con altri termini, come βρυκόλακας (vrikòlakas) in Grecia e strigoi in Romania. La superstizione nei confronti dei vampiri crebbe a tal punto da far nascere una grave isteria collettiva che in alcuni casi portò a piantare paletti nei cadaveri e ad accusare alcune persone di vampirismo.
I folcloristici vampiri dell'Europa del sud-est presentavano una notevole varietà di rappresentazioni, dal simile agli umani al cadavere putrefatto. La voce vampiro è presente nel dizionario filosofico di Voltaire. Fu il successo del romanzo Il vampiro di John Polidori (1819) a instaurare la carismatica e sofisticata figura del vampiro nelle arti che influenzò le opere vampiresche del XIX secolo e ispirò personaggi come Varney il vampiro (1845) e Carmilla (1872).[8]
È il romanzo Dracula, scritto nel 1897 da Bram Stoker, a essere considerato la quintessenza del romanzo vampiresco e ad aver fornito le basi per le opere moderne[9]. Dracula trattò una mitologia costituita da lupi mannari e altri demoni dando voce «allo stato d'ansia di un'epoca» e «alla paura della società patriarcale vittoriana».[10] Il successo di questo libro fece nascere un distintivo genere vampiresco che è ancora popolare nel XXI secolo, con un'impressionante collezione di libri, film, videogiochi e serie televisive.
Una necropoli in un insediamento greco sull'isola di Sicilia è ritenuta molto peculiare perché detiene i resti di redivivi, una figura non-morta simile a un vampiro o zombi. Gli antichi greci credevano che alcuni corpi morti potessero rianimarsi e che per tenerli nelle loro tombe, dovessero essere ritualmente uccisi o intrappolati all'interno in qualche modo, come bloccare il corpo con frammenti di anfora o grandi pietre, come è stato fatto nella necropoli di Passo Marinaro in Sicilia.[11]