«... Scìnninu, nudi, ‘mmezzu li lurdduma
di li scalazzi ‘nfunnu allavancati;
e, ccomu a li pirreri s'accustuma,
vannu priannu: Gesùzzu, piatati!...
Ma ddoppu, essennu sutta lu smaceddu,
grìdanu, vastimiannu a la canina,
ca macari “ddu Cristu” l'abbannuna...[1]»
«... Scendono, nudi, in mezzo alla sporcizia
cadendo in fondo dalle scalacce;
e, mentre si avvicinano agli spietratori
vanno pregando: Gesù mio, pietà!...
Ma dopo, essendo sotto quello sfracello,
gridano, bestemmiando come cani,
che anche “quel Cristo” li abbandona...[2]»
Lo zolfo di Sicilia è stata una delle più importanti risorse minerarie della Sicilia, non più sfruttata. L'area interessata dai grandi giacimenti è quella centrale dell'isola ed è compresa tra le province di Caltanissetta, Enna ed Agrigento: L'area è anche nota ai geologi come altopiano gessoso-solfifero. L'area di sfruttamento minerario si estendeva tuttavia anche fino alla Provincia di Palermo con il bacino di Lercara Friddi e alla Provincia di Catania, di cui faceva parte fino al 1928 una parte della provincia di Enna; essa è quella nella quale nell'ultimo quarto di millennio si è svolta l'estrazione, la lavorazione e il trasporto dello zolfo. Per un certo periodo ha rappresentato anche la massima zona di produzione a livello mondiale.